La Comunicazione Non Verbale 3

Sfruttare al meglio la parte non-verbale della nostra comunicazione

Nel primo articolo dedicato alla Comunicazione Non Verbale abbiamo esaminato la ragioni della “formula” 55-38-7 ovvero del perché le tre componenti della comunicazione umana (non verbale, para-verbale e verbale) incidano in vario modo sull’efficacia della trasmissione delle nostre emozioni ad un altro individuo quando siamo in sua presenza. Ne risulta che il non non-verbale e il para-verbale incidono in massima parte nella nostra efficacia espositiva e in una misura spesso inaspettata. Nel secondo articolo abbiamo esaminato alcune delle regole generali per comprendere e sfruttare questi mezzi consapevoli che i concetti da imparare sono parecchi ma possono dare risultati immediati e molto significativi sia a livello professionale sia a livello relazionale nel rapporto con gli altri.

E’ il momento, adesso, di approfondire il discorso sulle due famiglie e sulle cinque sotto-categorie che condizionano il 93% della nostra efficacia comunicativa. La prima famiglia, in ordine di importanza, è la comunicazione non verbale vera e propria, e si può suddividere in tre “categorie”:

o   Cinesica (movimenti)

o   Aptica (contatti)

o   Prossemica (distanze)

 

La comunicazione Paraverbale o Prosodica, ovvero la seconda famiglia, può essere suddivisa, invece, in due categorie:

o   Paralinguistica (suoni)

o   Cronemica (tempi)

 

In questo articolo ci dedicheremo ad approfondire e a scoprire qualche “trucco” relativo alla nostra gestualità fisica (gesti, spazi e contatti) per poterla sfruttare al meglio, innanzitutto, conoscendola un pochino di più. Non avendo molto spazio a disposizione illustreremo i concetti in modo molto sintetico, come una sorta di “istruzioni per l’uso”, senza per questo sembrare superficiali nei confronti di una materia così complessa e articolata. Mi raccomando, valgono sempre le regole generali illustrate nel secondo articolo, altrimenti si rischia di mal interpretare ogni concetto e di travisare l’intero argomento.

In merito alla Cinesica possiamo:

·       Esercitarci a riconoscere sul viso le Micro Espressioni delle sei emozioni di base: le emozioni “fondamentali” ovvero quelle che, secondo Paul Ekman, sono generate dalle stesse contrazioni muscolari sul viso di qualsiasi abitante del nostro pianeta sono: gioia, sorpresa, tristezza, rabbia, paura, disgusto. A queste si andrebbero ad aggiungere il disprezzo e, secondo un altro psicologo americano, Robert Putchik una ottava: lo stato di vigilanza. Che siano sei, setto od otto poco cambia (almeno per questa regola) ovvero le espressioni delle emozioni non durano dei secondi nel viso di una persona ma frazioni di secondo, per questo si parla di micro-espressioni. Esercitiamoci a ricnoscerle perché durano un solo istante.

·       Mostrare sempre le mani e compiere gesti ampi ma controllati con le braccia: le mani “dicono” tanto perché se non sono mostrate (o non sono viste) possono indurre chi ci vede (o noi se siamo gli osservatori) a temere un pericolo (arma nascosta) e/o un distacco emotivo (tipico l’atteggiamento del professore con le mani dietro la schiena). In generale quando le mani si trovano sopra il livello delle spalle e finiscono sul viso o sulla testa si tratta di un segnale negativo.

·       Dedicare attenzione alla postura delle gambe: le gambe sono molto indicative dal punto di vista non verbale semplicemente perché raramente le muoviamo in modo consapevole e, quindi, possono essere rilevatrici di ansie o distacco. 

 

In merito alla Prossemica, materia studiata da un antropologo americano di nome Edward Hall negli anni sessanta, possiamo:

 

·       Imparare che il nostro spazio prossemico è fatto a uovo: tutte le volte che una persona invade uno spazio prossemico senza permesso nel nostro corpo avvengono delle reazioni (aumento del battito cardiaco, della sudorazione, comparsa di contrazioni muscolari, rilascio di adrenalina, ecc). Si tratta di un meccanismo di “difesa” direttamente proporzionale alla pericolosità dell’attacco. Per questo siamo disposti ad accettare distanze minori sul nostro fianco (posizione dalla quale è più difficile attaccare) piuttosto che sul fronte o tantomeno sul retro (massimo della pericolosità).

·       Esercitarci a indurre cambiamenti delle distanze prossemiche tra noi e il nostro interlocutore: chiaramente se la relazione con il nostro interlocutore è buona le distanze tendono a ridursi ma possiamo indurre questa riduzione passando un po’ di tempo il più vicino possibile a lui. Per questo la scelta migliore che possiamo fare è stare al suo fianco fino quasi a toccarlo.

 

L’Aptica riguarda i contatti fisici che abbiamo con i nostri interlocutori, e rappresenta un mezzo potentissimo per entrare in relazione con il cliente. A questo proposito, possiamo:

·       Valutare attentamente tutti i possibili contatti che abbiamo con i nostri interlocutori: alcuni mestieri obbligano a “toccare” il proprio cliente (dottore, massaggiatore, estetista, parrucchiere, ecc) e non è un caso che in questi ambiti  rapporto cliente-fornitore sia fortissimo.

·       Imparare a riconoscere e gestire le strette di mano: uno dei pochi contatti permessi a tutti è la stretta di mano che è contemporaneamente un gesto ma anche un momento di contatto. La pronosupinazione dell’avambraccio può raccontare molto del carattere di una persona, così come la forza della stretta o l’eventuale sudorazione.

 

Nel prossimo articolo ci occuperemo del sistema para-verbale (suoni e tempistiche espositive) con qualche accenno anche all’uso consapevole delle parole, perché anche quelle, ovviamente, contano: perché la forma, purtroppo, conta molto più che il contenuto ;-)