La Motivazione all’esercizio fisico e i riflessi sul business del Fitness - 3

Cosa fare in concreto

Nei due precedenti articoli sull’argomento ho evidenziato quello che ritengo essere il problema principale del Fitness in Italia (e non solo): la perdita di motivazione dei clienti e il conseguente aumento del tasso di abbandono degli stessi. In particolar modo il turnover dei clienti è elevatissimo soprattutto in quel target di nuovi clienti che potrebbe generare, in futuro, altre acquisizioni attraverso il passaparola. Ritengo che la “sfortuna” del fitness è che si tratta di un’attività talmente benefica e utile che è riuscita a diffondersi nonostante il settore intero si sia quasi disinteressato della reale diffusione di questa “medicina” meravigliosa. Dico “sfortuna” perché la divulgazione spontanea del fitness ha fatto si che molti operatori si siano potuti sedere a raccogliere fatturati senza meriti particolari in confronto ai pochi (in percentuale) che hanno realmente lottato per cambiare e migliorare lo stile di vita delle persone. Purtroppo si pensa ancora che il cambiamento che possiamo generare sul cliente sia quello di fargli eseguire correttamente una Lat Machine, fare un perfetto circuito di ginnastica funzionale o imparare l’ultima coreografia di Zumba. In poche parole si crede ancora troppo al Dio della tecnica, al Dio dei format coreografici e al demiurgo delle attrezzature che fanno tutto loro si investe pochissimo nella psicologia motivazionale, nella comunicazione, nella verifica obiettiva della soddisfazione del cliente e nella forma della proposizione del servizio.

Come ho detto (suscitando le ire di qualcuno) e ribadisco volentieri (…) quando un cliente abbandona la palestra nove volte su dieci il problema è da ricondursi ad una perdita di motivazione, peccato che i titolari o i personal trainer pensino l’esatto opposto ovvero che una volta su dieci sia colpa loro. C’è qualcosa che non torna. Magari la proporzione non è così drastica e penosa come quella indicata dalle interviste fatte ai clienti (anche loro si creano alibi ovviamente) ma anche fosse 50 e 50 sarebbe un risultato drammatico per chi lavora in questo mercato. A detta dei clienti (e qui bisogna credere a loro) la perdita di motivazione è, quasi sempre legata, ad un “senso di abbandono” del neo iscritto nel suo percorso di inserimento in un nuovo contesto sociale (quello della palestra), di adattamento ad un nuovo tipo di attività (l’allenamento nello specifico) o di ambientamento con il suo trainer (personal o istruttore che sia). Il vero problema è la pigrizia. Purtroppo si è pensato (e si pensa ancora) che un’attrezzatura di cardio fitness con accesso a internet e collegamento al proprio smartphone o che una bicicletta che “va da sola” o che un percorso di guerra o un balletto variopinto potessero, da soli, generare la mitica fidelizzazione. Dopo 30 anni di fitness possiamo permetterci di dire che queste cose non bastano? Se qualcuno si ostinasse a dire il contrario i dati sarebbero pronti a smentirlo. Il fitness è cresciuto si… ma molto meno di quanto avrebbe potuto e gli errori continuano ad essere gli stessi. Volete un esempio?

Qualche giorno fa ero in una palestra ad allenarmi ed osservavo un istruttore accogliere tre ragazze che, evidentemente, erano al primo giorno di esperienza in quel Club e forse era proprio la loro prima esperienza in una palestra.

L’istruttore, molto gentile, le ha accolte in mezzo alla sala pesi e ha iniziato a chiedere loro quali fossero i loro obiettivi, ha tentato anche di essere simpatico e dopo 5 minuti di “colloquio” sempre in piedi e sempre in mezzo alla sala con la gente che passava e ascoltava tutto (me compreso) le ha proposto un bel riscaldamento di 10 minuti sul tapis roulant di ultima generazione per poi allenarle insieme per tutta la durata della seduta. Tutto più o meno “nella norma”, una scena che si ripete migliaia di volte al giorno in tutta Italia chiaramente in modalità anche molto differenti da quello che ho visto (e ascoltato) ma alcuni dettagli vi faranno venire in mente tanti esempi di cui siete stati sicuramente spettatori anche voi se frequentate palestre da qualche anno:

- L’accoglienza e la prima impressione, nei servizi come il fitness, sono un elemento fondamentale per garantire un’esperienza memorabile. Va bene accogliere le persone nella sala dove lavoreranno ma non si possono discutere gli obiettivi di lavoro in mezzo alla confusione di una sala pesi

- La personalizzazione istantanea dell’offerta, è uno dei vantaggi che hanno i servizi nei cofronti dei prodotti (che possono essere si personalizzati ma non in modo istantaneo…) Le tre neofite sono state allenate nello stesso identico modo per tutto il tempo, l’unica cosa che variava erano i pesi, peccato che loro erano una diversa dall’altra

- La comunicazione è tutto e andrebbe curata in ogni suo aspetto per far gestire al meglio la motivazione dei clienti.  L’istruttore in questione ha posto 4 o 5 domande inutili a tutte e tre le ragazze contemporaneamente, non ha capito chi delle tre “comandava” nel gruppo e non ha minimamente sfruttato tecniche di comunicazione non verbale.

Che dire d’altro? Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, siamo ancora all’età della pietra dello sviluppo del fitness. Speriamo che qualcosa cambi ma è drammaticamente vero che ognuno di noi che ama il fitness come stile di vita deve fare qualcosa per cambiare questa situazione. Personalmente, di certo, non mi fermerò a questo articolo ma porterò queste riflessioni nelle conferenze e nei miei libri, continuerà la battaglia iniziata una ventina di anni fa, con la stessa determinazione e con maggiore forza, se possibile.