La Strategia dell'Ottimismo

Pensare bene per vivere bene

1.Dai gesti alle emozioni

 

 

Fritz Strack, Psicologo Tedesco, nel 1988 ha condotto un curioso esperimento, ha costretto gruppi di persone a visionare uno stesso filmato. Alcuni gruppi furono costretti a tenere una matita trai denti (costringendo la bocca all’atteggiamento del sorriso), altri a tenere una matita tra le labbra (costringendo la bocca all’atteggiamento della tristezza). Al termine del filmato venne condotto un test per valutare quanto quel video fosse stato divertente. In tutti i test risultò che i gurppi “matita tra i denti” ritenevano il video sensibilmente più divertente “rispetto ai gruppi” matita tra i denti. Strack arrivò a dimostrare che il meccanismo emozioni-gesti funziona anche al contrario. I gesti possono generare emozioni!

Si è stimato, addirittura, che 1 minuto di sorriso equivale a 45 minuti di rilassamento. Due minuti di risata equivalgono ad un piccolo percorso di benessere. Tuttavia sorridiamo sempre meno: 25 volte meno rispetto agli anni della nostra gioventù. Da adulti abbiamo una media 15 volte al giorno rispetto alle 400 di un bimbo.

 

Tutto questo non succede solo con il sorriso ma anche con le posture, per la gioia dei posturologi. Immaginate di prendere un gruppo di persone, di prelevare a tutte un campione di saliva e di dividerli in due gruppi. Il primo gruppo costretto a tenere una postura aperta e rilassata e il secondo gruppo costretto ad una postura chiusa e contratta. Trascorsi i due minuti effettuate un nuovo prelievo di saliva e poi invitate tutti a giocare a dadi e a scommettere per valutare la propensione al rischio di ognuno.

Amy Cuddy psicologa sociale e professoressa alla Harvard Business School ha dimostrato, nel 2010, coi questo esperimento che la propensione a scommettere dei soggetti “postura aperta” è dell’86% contro il 60% dei soggetti “postura chiusa”. I “postura aperta” hanno registrato anche un aumento del 20% del Testosterone contro un -10% dei “postura chiusa” e una diminuzione del -25% di Cortisolo contro un aumento del +15%. Dati importanti.

 

 

Dovete affrontare un colloquio di assunzione? Psicologi e neuro-scienziati ci spiegano come aumentare le nostre possibilità di fare una buona impressione e avere più chances di ottenere un lavoro. Prima di entrare mantenete una postura aperta per almeno due minuti, sorridete e fate sorridere il vostro esaminatore, se ci riuscite. Per questo tra l’opzione di parlare subito dei vostri punti di forza e poi dei vostri punti di debolezza è consigliabile e molto più efficace partire dai vostri difetti per poi concentrarvi sui vostri punti di forza. E’ più simpatico.

 

Avete a che fare con una persona arrabbiata? Oltre ad ascoltarla dovreste: farla camminare, muovere e aprire la postura dopo, ovviamente aver aperto la vostra di postura perché i primi ad essere positivi e rilassati dovete essere voi.

 

 

Questi due ricercatori e tanti altri in questi anno hanno dimostrato un legame che non sembrava essere così scontato ovvero che il nostro corpo è strettamente connesso con il nostro sistema emotivo a doppia mandata: vero è che le emozioni condizionano i gesti ma è altrettanto vero che i gesti (e le posture) condizionano le emozioni che proviamo.

 

2.La Psicosomatica

 

Il meccanismo corpo emozioni è evidentemente una delle principali ragioni per le quali l’attività fisica evolutasi nella pratica sportiva e successivamente nel fitness hanno avuto successo in questi anni: generano benessere emotivo attraverso il movimento.

Quando Giovenale, poeta romano vissuto tra il 50 e il 127 dC ha scritto tante cose e filosofeggiato su tante altre ma è ricordato per una sua sola frase! Sembra poco ma dopo 2000 anni è già tantissimo. E’ lui che disse “Mens Sana in Corpore Sano” che, tra l’altro è spesso malinterpretata. Il poeta la pronunciò per ricordare, soprattutto alle classi abbienti, che era bene non curarsi solo delle ricchezze materiali ma che era molto più corretto avere cura della propria salute intesa come salute fisica e mentale considerando le due cose interconnesse. Con queste affermazioni Giovenale fece si da stare sulle palle a tutti, poveri e ricchi. I ricchi lo considerarono un sovversivo e uno stupido, i poveri lo maledicevano perché non avevano nulla e stavano male. E’ destino di molti filosofi e di chi si prende veramente cura del benessere delle persone quello di risultare antipatici.

I filosofi greci (Socrate, Platone, Epitteto e Aristotele in particolare) sostenevano che siccome l’uomo può guarire se stesso può anche ammalare se stesso perché l’uomo è responsabile dei suoi stati emotivi (di fronte ad uno stesso evento persone diverse hanno reazioni emotive differenti).

Giovenale e i filosofi Greci sono stati, quindi, precursori di un approccio “olistico” al benessere, quindi, sono stati sulle balle anche a generazioni di medici che hanno impiegato un paio di millenni per confermare l’esistenza della psicosomatica quella la branca della psicologia clinica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico (del corpo) errati modi di pensare e sentire (psiche= tutto ciò che non è corpo).

 

Dimenticando le lezioni dei filosofi greci e disconoscendo l’approccio della medicina orientale (ancora più antica) la medicina tradizionale occidentale ha tentato per centinaia di anni di separare i due mondi (quello fisico e quello non fisico), salvo poi dimostrare scientificamente il cosiddetto effetto Placebo ovvero, per sintetizzare, il fatto che una medicina possa avere più o meno effetto a seconda che il paziente creda nella medicina o nel medico che lo sta curando. Noi occidentali abbiamo accettato malvolentieri questa verità così come adesso fatichiamo ancora a credere nell’effetto opposto il Nocebo: effetto psicosomatico negativo dovuto a scarsa fiducia nel farmaco o nel medico curante.

 

3.La chimica dell’Ottimismo

 

Possiamo sostenere, quindi, che dentro di noi esiste una chimica del benessere e del malessere e uno dei principali “protagonisti chimici” di questi ragionamenti si chiama Cortisolo un ormone endogeno che è strettamente connesso con la nostra salute fisica perché interviene nella trasformazione del glucosio in glicogeno, è un potente antiinfiammatorio. Aumenta dopo interventi chirurgici, grandi sforzi fisici, in conseguenza a stili di vita scorretti o in conseguenza a stati depressivi e pessimistici o in presenza di forti stress. Per questo, da qualche anno, il cortisolo è anche soprannominato l’ormone dello stress. Quando aumenta notevolmente le conseguenze sono: aumento della pressione sanguigna, aumento della glicemia, aumento del catabolismo proteico, peggioramento degli stati depressivi.

Quando diminuisce il cortisolo? La risposta l’aveva data Giovenale e anche molti filosofi e medici greci: stati mentali corretti orientati all’Ottimismo!

 

Numerose ricerche hanno dimostrato come gli ottimisti hanno aspettative di vita più lunghe dei pessimisti: secondo alcuni autori, ciò dipende dal fatto che l’ottimismo influisce direttamente sul sistema immunitario, con un significativo aumento dei leucociti (Kamen- Siegel, Rodin, Seligman, Dwyer, 1991).

Avere un atteggiamento mentale ottimista nei confronti delle esperienze di vita porta ad una diminuzione della pressione sanguigna e del colesterolo (Danner, Snowdon e Frieser, 2001; Friedman et al., 1992; Maruta et al., 2000).

Essere ottimisti ha effetti benefici sulla salute fisica perché permette di conservare un umore positivo (Weisse, 1992) e conduce all’adozione di abitudini di vita salutari (Peterson et al., 1998).

L’ottimismo influenza in modo profondo il benessere della mente umana (Anolli, 2005), generando, un rilevante aumento del livello di benessere soggettivo, sia in termini di soddisfazione di vita sia di condotte emotive positive (Diener e Diener, 1995).

Non è finita… gli Ottimisti sono anche tendenzialmente più fortunati dei pessimisti! Al gioco, nello sport, nella vita in genere. Anche in questo caso le ricerche hanno dimostrato che le persone più fortunate semplicemente quelle che “credono” di esserlo è piuttosto famoso il metodo con il quale Napoleone Buonaparte scegliesse i suoi luogotenenti prima di ogni battaglia. Chiedeva loro chi, quel giorno, si sentisse più fortunato….

Insomma l’Ottimismo sembra una “cura” per tante cose, dovremmo essere d’accordo con Einstein quando sosteneva che: “E’ meglio essere Ottimisti e avere torto che Pessimisti e avere ragione”

 

 

4.Ottimismo e Pessimismo: definizioni

 

 

 

In definitiva cosa significa essere ottimisti e cosa essere pessimisti?

L'ottimismo è un atteggiamento che si manifesta nel modo di sentire, pensare e di vivere contraddistinto dalla positività o, quantomeno, dal suo prevalere sulla negatività. E’ la tendenza a prevedere, in casi dubbi, la soluzione migliore o più favorevole. L’ottimista crede in un mondo costruito e organizzato nel miglior modo possibile e volto alla felicità di chi lo vive

Per Leibniz, filosofo e matematico tedesco, il mondo in cui abitiamo è quello che Dio ha scelto tra quelli possibili, non è perfetto, cioè immune dal male, perché se lo fosse sarebbe stato identico a Dio stesso (impossibile per definizione), ma è il mondo migliore possibile.

Dio non fa nulla a caso, ma agisce razionalmente in vista di un fine (il bene, causa finale). Per Leibniz le cose esistono perché hanno uno scopo, quello voluto dal Creatore e le leggi di natura, quindi, non sono altro che gli scopi assegnati da Dio alle cose e alla natura nel suo complesso.

 

Con l’Ottimismo si potrebbe anche esagerare sfociando in quello che è stato definito l’Ottimismo Ottuso ovvero quell’atteggiamento che tende a percepire le situazioni negative sempre come fonte di aspetti positivi con un approccio ben poco realistico.

La reazione all’Ottimismo Ottuso generò una delle opere più famose di Voltaire (1694 – 1778): il Candido un chiaro attacco all’approccio dei Leibniz.

In tempi moderni, nel mondo anglosassone, si parla di sindrome di Pollyanna in “onore” ad una serie animata giapponese degli anni ‘80 trasposizione dei romanzi "Pollyanna” (1913) e "Pollyanna cresce”(1915) di Eleanor H. Porter, scrittrice statunitense.

Si sfocia nell’Ottimismo Ottuso per una ragione ben determinata: riteniamo il pessimismo come un elemento negativo e da evitare a priori.

Il pessimismo è l’atteggiamento contrario dell’Ottimismo?

La risposta non è così scontata, anzi possiamo affermare che la letteratura e la filosofia sono piene di pessimisti che hanno dato un enorme contributo alla conoscenza e allo sviluppo del pensiero umano. Citerei solo un filosofo e uno scrittore. Schopenauer (1788-1860) è uno dei filosofi che più ha affrontato il tema dell’atteggiamento pessimistico spiegandoci che non significa “semplicemente” vedere tutto in negativo o attendersi l’eventualità peggiore ma è un modo di interpretare il piacere come una realtà negativa ovvero come "assenza di dolore”. Il piacere quindi ci appare solo dopo che si sia avvertito un bisogno, una sofferenza. Ad esempio di salute, giovinezza e libertà ce ne accorgiamo quando dopo averli perduti ne avvertiamo la mancanza. Il piacere, quindi, non sembra rappresentare per l’uomo un punto d'arrivo, in quanto la volontà, per sua natura, si rivolge immediatamente ad altro, relegandoci ad uno stato di non-appagamento continuo. A vederla così potremmo dire che siamo tutti pessimisti….

Un altro pessimista che ci ha fatto penare sui banchi di scuola è Leopardi è partito dal pessimismo individuale, per arrivare a quello storico e finire con il pessimismo cosmico! Però nemmeno Leopardi sembra avesse tutti i torti quando sentiamo parlare psicologi e psicoterapeuti che ci raccontano che noi non siamo per nulla progettati per essere felici. Noi pensiamo di puntare alla felicità “per natura” mentre per natura siamo progettati “semplicemente” sopravvivere. Nemmeno vivere. Sopravvivere. Ed è drammaticamente vero.

I pessimisti non hanno completamente torto e si è diffuso nel mondo e nelle menti delle persone.Alcuni attribuiscono la diffusione del pessimismo al fatto che il più delle volte la ricerca della felicità si conclude in miserabili fallimenti, altri ci ricordano che che, da un punto di vista evolutivo “conviene”, perché pensar male, attendersi il peggio, stare sempre all’erta è un’efficace strategia quando lo scopo primario è conservare ciò che si è raggiunto (omeostasi).

Essere pessimisti è un atteggiamento più “tutelante” ma, alla lunga, questo può essere molto pericolsolo e può solo allontanarci dal nostro reale benessere e dall’accettazione del cambiamento.

Per tutti questi motivi non possiamo non essere d’accordo con una celebre frase che recita: “Alla nostra evoluzione servono Ottimisti e Pessimisti. Se i primi costruiscono aerei i secondi progettano paracaduti.”

 

Possiamo quindi arrivare alle prime conclusioni

 

  1. Mente e corpo sono collegati: sappiamo bene (?) che il nostro corpo a partire da semplici gesti e posture influenza i nostri stati psichici
  2. La “direzione” pessimistica od ottimistica dei nostri pensieri determina essa stessa il nostro stato di salute emotiva e quindi fisica
  3. Non si può essere ottimisti o pessimisti a prescindere e in modo assolutistico
  4. Lo studio del pessimismo dona spunti per l’attuazione di un atteggiamento ottimistico funzionale alla nostra reale felicità

 

 

5.Perché siamo così scarsi?

 

 

Sorge spontanea una domanda: per quale motivo con queste materie siamo così scarsi? Perché trovare un equilibrio tra Ottimismo e Pessimismo è così complicato? Esistono diverse ragioni alcune biologiche altre evoluzionistiche e sociologiche.

 

Il nocciolo della questione riguarda l’eterna lotta tra la nostra intelligenza razionale e quella emotiva. Ovvero tra il nostro sistema deliberato e lento e quello intuitivo (legato alle emozioni) ed estremamente veloce.

 

Se ci lasciamo trascinare “inconsciamente” in questa lotta commettiamo errori nel nostro atteggiamento ottimistico o pessimistico semplicemente perché non comprendiamo a fondo la nostra natura e non riusciamo a gestire in modo funzionale alla nostra felicità questa dinamica. Una dimostrazione è la confusione che facciamo con le emozioni e di confusioni emotive ne facciamo tante ma quella che ha gli impatti maggiori sul nostro Ottimismo è la confusione sulla paura ovvero sull’utilizzo di questa emozione. Il concetto può essere riassunto in questo modo: “abbiamo più paura delle cose paurose che delle cose pericolose”.

Ad esempio abbiamo più paura di andare in aereo che in auto quando le statistiche sono fortemente a sfavore di chi viaggia in auto, altri hanno paura di parlare in pubblico, molti altri hanno letteralmente paura di entrare in una palestra quando in realtà è pericoloso non entrarci.Temiamo il futuro quando in realtà abbiamo da “temere” solo ed esclusivamente il presente perché come diceva Bob Marley: “Non avere paura del domani perché oggi era il giorno che ti faceva paura ieri”.

 

La nostra “confusione” emotiva incide sul nostro atteggiamento Ottimistico, è inevitabile.

Come se non bastasse nel nostro percorso evolutivo possiamo dire di aver vissuto epoche in cui siamo stati molto più Ottimisti. I nostri antenati di qualche centinaio di migliaio di anni fa dovevano affrontare ogni giornata con grande ottimismo. Forse proprio perché vivevano in modo corretto i pericoli: perché affrontavano pericoli reali e non “costruiti” da noi stessi come capita nei nostri giorni.

Possiamo individuare l’inizio di questo “problema” a circa un milione e mezzoo di anni fa. Quando si è verificato un evento che gli “evoluzionisti” chiamano “singolarità” ovvero un evento/una scoperta che ha determinato una svolta significativa nell’evoluzione dell’uomo. Ci stiamo riferendo in questo caso alla scoperta del fuoco che determinò un cambiamento importante anche nella nostra fisiologia: la possibilità di cucinare cibi e di poter digerire più facilmente. Questa nuova situazione permise al nostro organismo di adattarsi e di dedicare meno energie all’apparato digerente e dedicarne di più al cervello permettendone uno sviluppo importante ma limitato dalla dimensione della scatola cranica a sua volta limitato dalla dimensione del bacino delle donne. In sostanza abbiamo sviluppato lo strumento che poteva aiutarci a sopravvivere più agevolmente: il nostro cervello (la neo-corteccia).

Questo strumento straordinario, tuttavia, è una “macchina” molto costosa a livello di consumo energetico, basti pensare che pur rappresentando il 2% della massa del corpo consuma circa il 30% dell’intera disponibilità energetica giornaliera. Tra le altre cose il fuoco ha permesso all’uomo di allungare la propria giornata anche alle ore notturne così come altre tecnologie ci hanno permesso di “liberare” del tempo per la nostra mente abbiamo sempre più tempo per pensare che potrebbe essere un bene se fatto in piena consapevolezza (mindfulness…) ma questo non sempre accade e, quindi, la mente prende il sopravvento e come una macchina autonoma facendo delle cose non propriamente utili e altamente dispendiose: pensa per pensare, crea problemi artificiosi per aver qualcosa da risolvere, vede quello che vuole, cerca conferme e gratificazioni, esclude il pensiero della morte facendoci credere immortali. Insomma, spesso, fa quello che vuole e consuma, brucia migliaia di calorie inutilmente.

 

6.Chi ci può aiutare a curare i nostri pensieri?

 

La strada per curare i nostri pensieri e, quindi, per curare il nostro Ottimismo passa attraverso il controllo della nostra sfera razionale. Questa lezione ci è stata spiegata originariamente da Platone (tra gli altri) e, successivamente, da Epittteto, il filosofo che ha ispirato la nascita del movimento “stoico”. Queste citazioni sono dovute perché oggi i più moderni approcci psicologici, di chi parleremo tra poco, si ispirano (per non dire copiano e riadattano) ai principi della filosofia antica in generale e dello stoicismo in particolare.

In questi anni le neuroscienziati, filosofi e psicologi partendo dalle convinzioni dei filosofi greci ci stanno dimostrando che possiamo “allenare” il nostro sistema razionale affinché “prevalga” su quello emotivo in modo tale da prendere decisioni più razionali e più intelligenti a lungo termine per diventare padroni di noi stessi.

Ciò non significa abolire istinti o emozioni ma fare in modo che lavorino per noi e non contro di noi ovvero che il nostro sistema razionale ci aiuti.

La strada per l’Ottimismo quindi, passa attraverso, la comprensione del funzionamento del nostro cervello e dello sviluppo dei nostri pensieri.

La TCC o teoria Cognitivo Comportamentale: un approccio “psicologico” derivato dagli studi di Aaron Beck, Albert Ellis e poi Martin Seligman (con la psicologia positiva) ci hanno insegnato che possiamo e dobbiamo allenare i nostri pensieri perché, partendo dall’assunto previsto già dai filosofi antichi, l’unica cosa che è in nostro potere in questa vita sono i nostri pensieri e i nostri giudizi ovvero le mappe per mezzo delle quali ci orientiamo nel mondo che condizionano il nostro modo di percepire il mondo, il nostro modo di agire e, ovviamente, quello di sentire.

Il punto di partenza della TCC utile anche per comprende il nostro atteggiamento Ottimistico o Pessimistico sono, infatti, le nostre convizioni perché se abbiamo un approccio sbagliato nella costruzione e nell’utilizzo di questi “mattoni” decisionali sarà perfettamente inutile tentare qualsiasi tipo di cambiamento.

Le nostre convinzioni possono essere di due tipi: sane e deleterie. Un aspetto molto interessante è che le convinzioni deleterie hanno caratteristiche molto precise e, quindi, è abbastanza semplice riconoscerle infatti possono essere originate da:

 

  • Terribilizzazione: ovvero rendere più grave una situazione di quanto non lo sia in relatà

 

  • Bassa tolleranza: ovvero non avere sufficiente pazienza o visione di lungo periodo

 

  • Atteggiamento di Condanna ovvero, in definitiva, da un atteggiamento rigido:

 

  • Nei nostri confronti di sé: “io devo altrimenti…” che genera: ansia, depressione, gelosia, dolore, ecc

 

  • Nei confronti degli altri: “gli altri devono altrimenti …” genera: noia, irritazione, rabbia, invidia, ecc

 

  • Nei confronti di fattori esterni: “la vita deve altrimenti …” genera: rinuncia, procrastinazione, senso di abbandono, perdita di fiducia, ecc

 

 

Se la caratteristica principale delle convinzioni deleterie è la rigidità è facile intuire che la caratteristica principale delle convinzioni sane è la flessibilità. C’è da domandarsi, quindi, da cosa possano derivare i nostri atteggiamenti rigidi e le spiegazioni sono sostanzialmente due: soggettività e attaccamento delle mappe con le quali gestiamo la realtà ovvero l’affezione che abbiamo verso le nostre zone di comfort e, poi, anche se non ci piace ammetterlo perché ci vogliamo convincere che siamo liberi nelle nostre scelte e che le opinioni e i giudizi degli altri non ci influenzano. Ma non è così.

 

Questi concetti sono riassunti efficacemente da un filosofo moderno, forse uno dei pensatori più influenti degli ultimi secoli William James (uno dei più grandi filosofi del ‘900) “La più grande scoperta della mia generazione è che gli esseri umani possono cambiare le loro vite cambiando le abitudini mentali.”

 

 

 

 

  1. Imparare l’Ottimismo

 

Partendo dalla TCC e, quindi, dalla convinzione che è possibile cambiare abitudini mentali Martin Seligman, psicologo americano di fama internazionale, ha dimostrato che è possibile cambiare un atteggiamento pessimistico in un atteggiamento Ottimistico. Seligman ci ha spiegato che l’Ottimismo si può imparare!

 

Il segreto se così si può chiamare è riuscire ad effettuare dei processi di rivalutazione cognitiva ovvero cambiare il modo di pensare se capiamo che conduce ad un atteggiamento pessimistico a prescindere.

 

Secondo Seligman la chiave di tutto è lo Stile Esplicativo ovvero il modo personale che ognuno di noi ha per “giustificare” e/o “analizzare” gli accadimenti della vita piacevoli e i successi o i fatti non piacevoli e gli insuccessi.

 

Lo stile Esplicativo ha tre dimensioni:

 

  1. Permanenza: pensare che le a cause di fatti/eventi/abilità siano permanenti nel tempo oppure temporanee.
  2. Pervasività: attribuire cause/fatti/abilità a tutta la persona e tutti i suoi ambiti di vita oppure a cause specifiche e delimitate.
  3. Personalizzazione: attribuire la responsabilità di fatti/eventi/qualità a se stessi o a fattori esterni o altrui.

 

Lo psicologo americano ha trascorso anni a capire (studiando in particolar modo i venditori di assicurazioni) le differenze di “stile esplicativo” degli ottimisti e dei pessimisti dimostrando che Pessimisti e Ottimisti hanno due stili esplicativi diametralmente oppositi nelle tre dimensioni.

 

Di fronte ad una vittoria un pessimista è Temporaneo, Non Pervasivo e Non Personalizzato. L’esatto contrario di un Ottimista che sarò: Permanente, Pervasivo e Personalizzato

 

Immaginate di giocare una partita a carte e di vincere, se voi foste pessimisti pensereste:

  • E’ successo una volta, la prossima la perdo
  • Sono bravo e fortunato solo a giocare a carte
  • Gli altri erano scarsi

 

Se voi foste ottimisti i ragionamenti sarebbero diametralmente opposti:

  • Vinta questa vincerò anche la prossima
  • Sono bravo a carte perché sono bravo in tutto
  • Merito mio

 

Di fronte ad una sconfitta un pessimista è Permanete, Pervasivo e Personalizzato. L’esatto contrario di un Ottimista che sarà: Temporaneo, Non Pervasivo e Non Personalizzato.

Cosa vi direste di fronte ad una sconfitta se foste pessimisti?

  • Continuerò a perdere
  • Sono scarso in tutto
  • Erano anche scarsi e ho perso lo stesso

 

Se voi foste ottimista i ragionamenti sarebbero diametralmente opposti:

 

  • E’ stato un caso
  • A carte non sarò il massimo ma nel resto…
  • Ho ricevuto brutte carte e gli altri erano forti

 

Si può diventare più ottimisti cambiando il proprio stile esplicativo e ci conviene farlo perché se usato con dovizia, l’Ottimismo, come ho lungamente premesso ci fa vivere bene mentalmente e ha riflessi diretti sul nostro stato di salute.

 

L’obiettivo finale è un Ottimismo realista e non ottuso: Quello che vogliamo non è un cieco ottimismo, bensì un ottimismo flessibile, con gli occhi aperti.

All'occorrenza, dobbiamo essere in grado di usare l'acuto senso della realtà, tipico del pessimista, ma senza soffermarci sulle sue zone d'ombra.

 

8.Gli strumenti per diventare più ottimisti

 

Quali sono gli attrezzi del mestiere dell’Ottimista quindi?

L’istinto tenderebbe a farci dire: una grande forza di volontà. In realtà la volontà non ci può aiutare fino in fondo in questa lotta e non è il meccanismo principale del nostro “essere”.

Innanzitutto bisogna capire una volta per tutte che non è una questione di volontà ovvero la nostra sfera razionale non è sufficiente, da sola, a prendere le redini del nostro sistema emotivo-razionale. La parte emotiva quella nella quale memorizziamo i vissuti della nostra vita (immagini, sensazioni fisiche ed emotive) dimostra la sua forza permettendoci di ricordare eventi vecchi di decine di anni e di provare sensazioni provate in particolari momenti della nostra vita. Per sconfiggere un sistema così potente l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare “razionalmente” i suoi stessi metodi ovvero sfruttarne i suoi “difetti”.

Lo strumento più potente che possiamo utilizzare si chiama Immaginazione.

 

La domanda cruciale è come utilizzare l’immaginazione a nostro vantaggio nella nostra realizzazione di un Ottimismo Realista:

 

  1. Usare le immagini: per memorizzare le cose che ci accadono non usiamo le parole ma usiamo delle immagini vere o “costruite” che siano. Per modificare un pensiero dobbiamo utilizzare la stessa strategia e con le immagini funziona la regola “chiodo schiaccia chiodo”. L’unico modo per migliorare un’immagine negativa è stamparcene sopra una positiva…
  2. Focalizzare l’attenzione: dobbiamo fare attenzione alla nostra attenzione perché è limitata, si può soffermare su una cosa alla volta e c’è il rischio che si concentri sugli aspetti negativi. Sembra banale ma se stiamo guardano troppo il bicchiere mezzo vuoto dobbiamo essere pronti a valutare la parte piena per riequilibrare la situazione. Valutiamo le convinzioni sulle quali ci stiamo basando e se sono troppo rigide, opponiamoci.
  3. Utilizzare l’autosuggestione: attivare pensieri positivi significa cambiare abitudine di pensiero deleteria ed è possibile solo instaurando nuove abitudini sane. Possiamo auto-suggestionarci utilizzando brevi formule ripetute costantemente in modo tale da “sovrascriverle”. Un altro modo concreto per utilizzare l’autosuggestione è prendersi realmente cura della nostra mente attraverso attività di meditazione…

 

 

  1. Conclusioni

 

In definitiva:

 

  1. Possiamo esser padroni di noi stessi e del nostro benessere se diventiamo padroni dei nostri pensieri
  2. Il pessimismo ha una funzione ben precisa, non di guida ma come elemento equilibratore.
  3. Impariamo a riconoscere il nostro nostro stile esplicativo e proviamo a modificarlo se è troppo pessimistico
  1. Utilizziamo la nostra mente non solo come volontà ma anche e soprattutto come immaginazione

 

Alla luce dei fatti credo che un obiettivo imprescindibile di chi si occupa di fitness e di benessere sia quello di prendersi cura delle persone nella loro interezza: far muovere, allenare o rilassare i corpi dei propri clienti ma lavorare anche sulla salute dei loro pensieri. In definitiva pur seguendo i dettami di Ippocrate, padre della medicina occidentale, che ci diceva che camminare è la miglior medicina per l’uomo dovremmo fare qualcosa per accontentare anche Giovenale e tutti i filosofi che hanno ispirato la TCC ovvero trovare modi per allenare i pensieri dei miei clienti interni ed esterni. Un atteggiamento ottimistico è indispensabile per essere un buon venditore, un buon istruttore o per creare uno staff che generi ambienti positivi e motivanti per i clienti anche grazie al fatto che possono raggiungere più velocemente i loro obiettivi.

 

Trasformare i Club in realtà che producono e diffondono Ottimismo in modo virale non solo è la garanzia per il successo dei Club ma anche garanzia per lo sviluppo dell’intero settore per i prossimi decenni.