Yin Yang Marketing - 2 capitoli del libro

L'unica certezza รจ il cambiamento

Prefazione Nello scrivere queste pagine, ho tentato di riassumere un viaggio straordinario e anni di esperienza nel marketing (prima teorico, poi pratico, poi nuovamente teorico e poi ancora pratico). Le prime copie di questo libro le ho distribuite ad amici e colleghi raccogliendo commenti, critiche (sempre costruttive) e spunti e il libro è evoluto anche grazie a loro, ma, in pura logica Yin Yang, questo vuole essere un progetto dinamico e, per tale motivo, ho bisogno anche del tuo parere. Sfruttando l’interattività di internet spero di valutare la percezione del lettore, aspetto che allo scrittore resta sempre un po’ oscuro nonostante le vendite… Per questo attendo anche le tue considerazione e il tuo giudizio. Pertanto, una volta letto il libro, collegati a questo link: www.yinyangmarketing.eu/questionario e rispondi alle quattro domande che ti saranno proposte in sequenza per esprimere il tuo gradimento su Yin Yang Marketing. Sul sito www.yinyangmarketing.eu oltre i risultati dell’indagine, trovi tutte le informazioni relative alla storia e all’evoluzione del progetto. Grazie per la tua collaborazione! Il confronto è l’unica vera premessa per la crescita personale e professionale (Roberto Tiby) Capitolo 1: Milano - Decollo Un volo può cambiarti la vita e a me l’ha cambiata. Questa è la storia di quel volo e di un incontro lungo quattordici ore che stravolse il mio modo di pensare e applicare il marketing. Era l’aprile del 2002 e, per la prima volta, mi recavo in Cina per accompagnare mia moglie in un giro di consulenze. Il volo Milano – Shanghai della Air China si preannunciava lungo e quindi, per l’occasione, mi premunii di tutto l’occorrente per lavorare finalmente in santa pace: computer portatile, cinque libri di marketing che da anni volevo leggere e non ci riuscivo mai, fogli bianchi, penne ed evidenziatori. Ci imbarcammo puntuali su un boeing di dimensioni a me sconosciute: ero abituato a girare in aereo solo con voli di linea in Italia per le mie consulenze di marketing. Rimasi impressionato nel trovare tante file di posti con tanti sedili per fila e larghi corridoi. Eravamo nella fila di destra: mia moglie occupava il posto a sedere sul corridoio, io quello centrale e, al mio fianco, acconto al finestrino, sedeva un omone corpulento sulla sessantina, capelli folti e brizzolati, occhiali spessi che, tuttavia, facevano intravedere due begli occhi azzurri. Era abbronzato e curato nei minimi particolari, vestito sportivo, ma dava l’impressione che indossasse un frac. Provai una strana sensazione tentando di determinarne l’età. Poteva avere sessant’anni come quaranta, era un mix di vecchiaia e gioventù, di ricchezza e povertà, di eleganza e trascuratezza. Lo classificai subito come un ricco uomo d’affari che oramai se ne fregava di tutto quello che non era lui stesso. Io e mia moglie creammo una gran confusione nel riporre i nostri bagagli a mano, facendoci subito riconoscere come i soliti italiani chiassosi. Fu così che, quando mi misi a sedere, il mio vicino si presentò subito, educatamente, e in inglese a tutti e due: disse di chiamarsi Howard, di essere americano, di amare l’Italia e, poi, mi domandò qualcosa che non capii. Quando, dopo aver ripetuto per la seconda volta la domanda, parlò più lentamente, allora compresi che era preoccupato del fatto che, essendo robusto anch’io, avrei potuto stare scomodo seduto nella posizione centrale. Lo rassicurai, iniziando a pensare che, come al solito, ero stato sfortunato e, per tutto il viaggio, avrei dovuto “sopportare” l’americano ficcanaso capitatomi vicino: non avrei potuto leggere e lavorare con la tranquillità tanto desiderata. Predisposi un piano di difesa e risi al fatto che il mio compagno di viaggio, una volta compreso che il mio inglese era un po’ arrugginito, avrebbe desistito ben presto dal “molestarmi” e se lo avesse fatto avrei inventato qualcosa per tutelare la mia privacy. Tuttavia, ero sicuro che, quanto prima, avrebbe cercato di attaccare bottone con me perché tutta quella gentilezza mi insospettiva non poco. All’inizio della fase di decollo, sia per seguire i miei propositi di viaggio sia per lanciare messaggi di “non disturbare”, iniziai a dispiegare tutti i miei armamenti: quattro libri nella tasca della poltrona, pc sulle ginocchia pronto per essere acceso sulla presentazione Power Point della mia prossima conferenza, fogli di carta, penne, evidenziatori e libro sul “marketing scientifico” nella mano destra ad altezza faccia dell’americano, ovviamente. Pochi minuti dopo il decollo, proprio quando ero riuscito ad accendere il mio computer, come avevo previsto, Hovard iniziò a parlarmi. Ciò che non avevo previsto era il contenuto del dialogo. Vedo che ti interessi di marketing! Ho lavorato per molti anni nel settore della ristorazione seguendo lo sviluppo di una catena di ristoranti di medio-alto livello. Sono partito dal basso con incarichi via via crescenti: i primi periodi furono pieni di entusiasmo, ricchi di sacrifici e poveri di soldi, ma mi sembrava che i miei capi applicassero alla perfezione ciò che avevo studiato all’università. Da assistente nell’ufficio pubblicità passai al settore marketing. Capii da quella esperienza che marketing e pubblicità erano le vere passioni che volevo coltivare nel mio lavoro. Non essendoci grandi prospettive di carriera in quella azienda, feci in modo di farmi assumere in una famosa agenzia di pubblicità. Al tempo ero piuttosto giovane, per cui non riuscii ad occuparmi seriamente né di pubblicità né, tanto meno, di marketing. Mi sembrò, che ci fosse una gran confusione sui confini tra le due materie sia nella testa dei miei capi sia in quella dei loro clienti; così cambiai completamente settore, entrando a lavorare in un’azienda che produceva e distribuiva elettrodomestici e materiale elettronico. Dopo alcuni anni di un marketing imbrigliato e ingessato - quel mercato è così, credimi - passai a lavorare in una società finanziaria occupandomi di nuovo di pubblicità e, infine, in un’azienda immobiliare in forte sviluppo. Lì mi occupai prima nella gestione del personale e poi di marketing. Proseguii la mia carriera fino ad esser nominato CEO di quell’azienda. Dieci anni fa un incontro fortuito mi fece capire che i miei principi di marketing erano quasi del tutto sbagliati. Da quanto posso vedere anche tu, come ho fatto io per molto tempo, stai sbagliando tutto! - Premetto che io sono una persona che gioisce quando sente le storie di qualcuno che ha fatto carriera, ma è altrettanto vero che mi indispettisco parecchio quando mi trovo davanti ad uno che fa il saccente, per non parlare di quando l’argomento è la mia materia preferita: il marketing. Mentre iniziavo a rimpiangere il tempo che avrei perso, un po’ per curiosità un po’ per senso di sfida, richiesi maggiori informazioni, pregando il mio vicino di spiegare il tutto molto lentamente. Da quel momento e per tutta la durata del viaggio iniziò un racconto che sembrava non finire più. Affascinante quanto surreale. Questo libro l’ho scritto con l’approvazione del mio compagno di viaggio perché questa, in gran parte, e' la sua storia e non la mia. Leggerete ciò che mi ha raccontato durante quel volo di quattordici ore in cui, tra strafalcioni linguistici miei e pazienza sua, siamo riusciti, in qualche modo, a dialogare quasi ininterrottamente. Riguardo i contenuti ero molto scettico, ma il suo modo di illustrare i concetti era fantastico e sono sicuro che non riuscirò a trasmettere fedelmente, attraverso queste pagine, le sensazioni che ho provato nell’ascoltarlo ma, certamente, troverete tutti i contenuti di quel magico incontro. Da quel giorno ad oggi sono passati sei anni, ma i primi due so di averli persi grazie al mio scetticismo; Howard mi era piaciuto molto come compagno di viaggio, ma non mi aveva convinto, o meglio, io non volevo convincermi dell’evidenza di quanto mi aveva raccontato. Poi, in concomitanza di una delusione professionale, ho iniziato a ripensare a quel viaggio e a quello che mi aveva illustrato con tanto entusiasmo. Da quel momento, quasi per gioco, ho iniziato ad applicare i principi di Howard, quelli dello Yin Yang Marketing, verificando sul campo che non era un pazzo-ficcanaso-buon comunicatore-entusiasta, come a prima vista mi era sembrato, ma che aveva pienamente ragione. Iniziai con le decisioni più semplici come la scelta di una combinazione di colori in una campagna pubblicitaria o valutare il mix di canali di comunicazione nel predisporre un budget di pubblicità, per passare a scelte più complesse come il posizionamento prezzo di un prodotto, la predisposizione di iniziative a favore dei clienti fedeli o di attività volte alla conquista di nuovi clienti. Con meraviglia crescente, ogni volta che mettevo alla prova i principi di Howard, questi reggevano e mi davano grandi soddisfazioni. Nei mesi e negli anni seguenti più andavo avanti più cresceva la voglia di sperimentarli in altri campi e in altre situazioni. Più progredivo, più provavo riconoscenza per il mio “misterioso” compagno di viaggio. Misterioso perché, finito il viaggio, Howard mi diede il suo biglietto da visita che sul momento smarrii. Forse perché, ripeto, non avevo dato molto credito a quanto mi aveva raccontato. Dal mio punto di vista, era stato solo un modo piacevole per trascorrere il tempo di un viaggio lungo e faticoso, e credendo poco in quell’incontro non gli diedi il mio biglietto da visita. Poco più di un anno fa ho ritrovato in fondo ad una tasca della mia valigia di allora il suo biglietto. Ho provato a ricontattarlo pensando non si ricordasse di me oppure avesse già cambiato lavoro e relativi recapiti. Il numero di telefono era giusto, Howard mi ha riconosciuto alla seconda parola, forse perché il mio inglese è rimasto più o meno uguale o forse perché, anche se non me lo ha mai detto, si aspettava che io, prima o poi, lo avrei ricontattato. Nel manifestarmi grande cordialità ha sposato, fin da subito, il mio progetto di voler raccontare in un libro il nostro incontro e i suoi insegnamenti dicendomi chiaramente che lui non lo avrebbe mai fatto e che non avrebbe mai voluto nulla in cambio perché l’idea era mia e perché era giusto cosi. Durante il viaggio intuii il disegno e la logica del suo approccio ma mi fece una quantità di esempi e mi parlò così tanto che non avrei mai potuto ricordarmi tutto da solo. Per questo motivo, negli ultimi mesi, io ed Howard ci siamo sentiti, scritti e incontrati diverse volte: avevo bisogno di lui, dei suoi ricordi, della sua esperienza e di ri-percepire l’entusiasmo che mise nel raccontarmi quanto gli era accaduto. Mi ha ripetuto spesso che questo libro gli risparmierà un po’ di fatica e, allo stesso tempo, gli fará perdere qualche opportunità di raccontare, ancora una volta, la sua straordinaria storia a qualcuno… Da qui in poi inizia il racconto di Howard e dei principi dello Yin Yang Marketing. Capitolo 2: Europa 1 - Dalla filosofia cinese all’agire commerciale - Dopo la sua prima divagazione lo guardai stizzito e gli chiesi gentilmente di spiegarmi cosa, secondo lui, stavo sbagliando e, soprattutto, come faceva a giudicare il mio modo di fare marketing se neanche mi conosceva. Fu come innescare un meccanismo a catena, forse non aspettava altro che io reagissi proprio in quel modo alla sua provocazione e, così, iniziò il suo racconto. - Lascia che ti spieghi cosa è successo a me, credo che ti ritroverai in situazioni simili a quelle che ho vissuto. Penso di aver fatto un gran numero di errori nel corso dei primi vent’anni della mia carriera, sia nella gestione delle persone sia nel marketing ma, per come vedo adesso le cose, sono stati errori utili, infatti che se non ci fossero stati, oggi, non sarei arrivato alle conclusioni a cui sono giunto e non avrei raggiunto i risultati che ho ottenuto. Paradossalmente, capii che stavo sbagliando il giorno in cui, durante l’ennesima riunione, un giovane stagista cinese, che si trovava nella nostra azienda per un periodo di formazione, intervenne riportando l’ordine in una delle solite e inutili discussioni senza fine. Ci trovavamo nel bel mezzo dell’incontro annuale sui piani di formazione per i neoassunti, come ogni anno avevamo innanzitutto analizzato i dati di turn-over del personale e, avendo notato che molti giovani ci avevano abbandonato anche dopo pochi mesi dall’assunzione, stavamo mettendo in discussione l’impianto di base della nostra formazione. Si erano create due fazioni: chi proponeva piani processuali basati su percorsi più rigidi e chi sosteneva l’esigenza di piani di formazione che migliorassero la motivazione dei neo-assunti. Come avevo visto succedere centinaia di volte i partecipanti si stavano schierando da una parte o dall’altra anche solo per il fatto di essere contro qualcuno, magari solo per il fatto che gli stava poco simpatico. - Mi ricordo perfettamente che in quel momento risi, ripensando alle tante riunioni cui avevo partecipato nella mia vita professionale svoltesi in modo identico: stesse dinamiche, stesse perdite di tempo. - Nel clou della discussione Ji Xin, questo era il nome dello stagista, prese la parola e fece una disamina che lasciò tutti perplessi. Spiegò, infatti, che, in quel momento, i piani di formazione pur essendo di qualità, non erano “equilibrati” e lui ne sapeva qualcosa essendovi coinvolto in prima persona. Al momento, sussisteva un forte sbilanciamento sull’orientamento processuale e, a suo modo di vedere, avremmo dovuto incrementare percorsi puramente motivazionali, sviluppando, nel contempo, attività di coinvolgimento dei giovani assunti per arricchire i percorsi di crescita con un sistema di tutoraggio personalizzato. In questo modo avremmo messo a punto un processo di miglioramento continuo dei piani di formazione. Una volta messo alla prova questo sistema, si sarebbero nuovamente analizzati i dati per studiare eventuali nuovi piani di intervento. La disamina fu così lucida e semplice che lasciò stupiti tutti, non solo perché fatta da un ragazzo poco più che ventenne, ma per la correttezza dell’approccio appena proposto. La cosa mi incuriosì parecchio e mi spinse a conoscere meglio Ji Xin; fu così che scoprii che la sua intuizione non era frutto di studi particolari, ma dovuta alla sua educazione giovanile. Erano i suoi principi a guidarlo, la cultura nella quale era cresciuto da piccolo e non gli studi universitari che stava superando a pieni voti. Gli chiesi, quindi, di spiegarmi meglio la sua cultura e i principi su cui si reggeva. Tra una riunione e l’altra, tra un caffè e l’altro, iniziammo a discutere dei concetti Yin e Yang, del Tao, del Confucianesimo, di Buddha, della filosofia cinese e, in sostanza, dell’atteggiamento orientale alle questioni della vita. Intuii che c’era qualcosa di estremamente vero in tutto quello che mi raccontava e tanto più studiavo quei concetti tanto più sentivo il desiderio di conoscerli a fondo. Tra veloci scambi culturali - a volte duravano poco più di qualche minuto - e progetti di marketing, Ji Xin, terminato il periodo di stage, venne assunto dal Consiglio Direttivo dell’immobiliare con un ruolo molto importante: assistente dell’amministratore delegato, che poi ero io. Dopo un paio d’anni di collaborazione e il conseguimento di molti risultati positivi per l’azienda e per le nostre carriere, la mia sete di conoscenza dell’approccio orientale non si era placata, anzi. Per questo motivo, in occasione di un viaggio in Cina per lavoro, Ji Xin mi propose di allungare la nostra permanenza di alcuni giorni per andare a visitare insieme, il paese della sua famiglia e conoscere il suo Maestro spirituale, affinché io potessi toccare con mano quanto lui aveva tentato di spiegarmi. Fu così che partimmo per quel viaggio cui seguirono altri sei viaggi nel giro di quattro anni. E' cosi che ho costruito la teoria dello Yin Yang Marketing. - A quel punto, ero abbastanza combattuto tra la curiosità di approfondire il racconto o starmene in pace; del resto di Yin Yang Marketing non ne avevo mai sentito parlare e, magari, qualche spunto interessante saltava fuori! Pensando che i miei libri avrebbero potuto attendere e immaginando che Howard se la sarebbe sbrigata in pochi minuti, gli chiesi di raccontarmi qualche dettaglio a proposito di quel primo viaggio. Sembrava non aspettasse altro e, infatti, rincominciò. - Dopo aver sbrigato un importante impegno di lavoro a Shanghai, proseguimmo il nostro viaggio e arrivammo nel paese natale di Ji Xin. Dopo due giorni di peregrinazioni tra amici e parenti in diversi paesini limitrofi, ci dirigemmo verso un luogo sulle alture circostanti dove, secondo lui, avremmo incontrato il suo vecchio Maestro, una sorta di capo villaggio di una comunità di poche decine di famiglie di cui anche la sua famiglia, in origine, faceva parte. Mi spiegò che, una volta cresciuto, i suoi genitori avevano voluto farlo studiare, perciò si spostarono nella città più grande più vicina, per trasferirsi infine a Shanghai. Una volta arrivato il periodo universitario, Ji Xin aveva approfittato di un programma di scambio culturale vincendo una borsa di studio per gli Stati Uniti e, a quel punto, i genitori erano tornati al paese di origine. Nella campagna, dopo tanti anni, secondo Ji Xin nulla era cambiato e, quindi, si aspettava di trovare la stessa situazione anche nella comunità del suo Maestro, in cui non tornava da diverso tempo. Il mio compagno di viaggio avrebbe svolto un ruolo determinante per farmi comunicare con il Maestro aiutandoci a tradurre i nostri dialoghi anche se, in quel momento, non avevo la più pallida idea di cosa chiedergli. Arrivammo al paese e, in breve, fummo al cospetto di un vecchio che, seduto sul terreno di fronte alla sua casa, sembrava essere in trance. Avendoci notati, si alzò e, con una camminata leggera e composta si diresse verso di noi per accoglierci. La tensione dentro di me cresceva quanto si moltiplicavano i miei dubbi. Ji Xin mi presentò come suo caro amico aggiungendo che ero una persona curiosa, ricca di spirito e desiderosa di confrontarmi con lui. Shu Zhi Qi, questo il suo nome, mi chiese: Cosa posso fare per te? Ho delle domande da porti anzi, diverse domande anche se, per l’agitazione, me le sono dimenticate tutte. Ho capito che qualcosa non va nel mio modo di pensare e nel mio atteggiamento nei confronti di ciò che mi accade, soprattutto sul lavoro. Mi sembra di aver intuito che esiste un modo del tutto diverso di ragionare rispetto a quello con il quale sono cresciuto, ma non riesco né a comprenderlo a fondo né a metterlo in pratica. Ji Xin mi ha spiegato tante cose, ma mi mancano dei tasselli, non riesco a “chiudere il cerchio” e lui mi ha consigliato di parlare con te. Mi sono convinto che il mio modo di pensare mi limita nella vita e nel lavoro e sono venuto fin qui perché credo fermamente di poter migliorare. Penso di aver fatto un sacco di errori in passato e temo di aver buttato via molto tempo. Solo tu puoi decidere cosa fare del tuo passato, se esiste una cosa che dipende unicamente da te è proprio questa, ed è importante. Non ti accanire su quanto hai fatto, prova ad accettarlo in modo consapevole perché ciò che ognuno fa del proprio passato condiziona la sua crescita personale. Sono convinto che tu abbia già vissuto tante situazioni nella tua vita ed è probabile che tu abbia già avuto a disposizione tutto il materiale necessario per capire quello che ti serviva. Non illuderti, poi, di poter separare ciò che sei nella tua vita privata da come ti comporti e ragioni sul lavoro. Fermati un attimo e rifletti: un uomo non potrà mai apprendere se non è disposto a cambiare. Non penso che sarò miglior Maestro rispetto a Ji Xin. Non lo penso e non lo credo. Credo che tu possa apprendere perché hai la volontà di cambiare, per questo proverò a spiegarti quanto ti manca. Adesso rilassati, sgombra la mente e presta attenzione… – Fu incredibile: il solo il tono della sua voce mi diede subito tranquillità e la traduzione di Ji Xin delle sue prime frasi mi aveva messo a mio agio anche se le mie ansie di apprendimento erano ancora fortissime. Appena finito di pronunciare quelle parole, il Maestro, come se stesse eseguendo un rituale, prese un foglio arrotolato che aveva di fianco a sé e lo srotolò delicatamente, mostrandomelo. Si capiva che era qualcosa di molto antico, sembrava un fragile papiro e dava l’impressione di frantumarsi per la sua sottigliezza. Me lo mostrò e riconobbi immediatamente un simbolo universalmente conosciuto: la rappresentazione del Tao. – Dimmi: cosa vedi? - Da buon studente di cose cinesi e felice di farmi trovare preparato su quella domanda, recitai quasi a memoria ciò che avevo letto nei vari libri che mi avevano accompagnato nell’ultimo anno. - Vedo il Taiji - Grande Culmine - o T’ai-chi T’u – Diagramma della realtà ultima -, che, nella tradizione cinese, viene raffigurato con questo simbolo oramai famoso in tutto il mondo. La parte Yin, quella nera, si contrappone alla parte Yang, quella bianca e, in effetti, i caratteri cinesi che rappresentano Yin e Yang possono essere intesi come il lato in ombra della collina e il lato soleggiato. Il simbolo, in sostanza, rappresenta tutti i possibili dualismi che si possono immaginare: oscurità e luce, cattivo e buono, freddo e caldo, passivo e attivo, femmina e maschio e via dicendo. Sono interdipendenti perché uno non può esistere senza l’altro (non esiste il bene senza il male, il giorno senza la notte), complementari perché si alimentano a vicenda e poi sono in perenne trasformazione l’uno verso l’altro. L’immagine racchiude in sé molti concetti, tutti e nessuno come il Tao, la Via, il Tutto! Piano! Non avere fretta! Non pensare di poter comprendere tutto in una volta, procedi per gradi e renderai semplice ciò che è complesso. Prima di tutto devi intendere gli elementi fondamentali, i meccanismi essenziali e per fare questo dovrai lavorare su di te, dovrai utilizzare sensi e ragione, guardare dentro te stesso e, come ti ho appena detto, capire e utilizzare al meglio le esperienza vissute. Se riuscirai a ragionare i tuoi sensi, ogni insegnamento si tramuterà in esperienza e, quindi, ogni esperienza in un insegnamento che avrà un significato e ti aiuterà a crescere. Ti ho già detto che devi essere pronto a cambiare per capire e apprendere, prova a cambiare atteggiamento e guarda nuovamente il Taiji. La prima cosa, la più intuitiva che noti qual è se non i colori? Quindi, il primo aspetto importante sul quale riflettere è il concetto di bivalenza che è stato trasmesso con i colori bianco e nero. Come hai detto bene tu, il significato simbolico fa riferimento alla luce e all’ombra, ma la seconda bivalenza cui ti consiglio di pensare e riflettere è: vuoto-pieno… - Senza quasi finire la frase, Shu Zhi prese una canna di bambù levigata che aveva al suo fianco e, usandola come fosse il pennello di un artista esperto, disegnò con una precisione quasi meccanica un cerchio, nel quale inserì dapprima una linea curva e poi, delicatamente, tolse uno strato di terriccio in una delle due metà che si erano venute a creare curandosi però, nella metà scavata, di lasciare una piccola montagnetta di terra. Sul lato opposto tolse una piccola quantità di terra in un punto simmetrico rispetto alla montagnetta del primo pezzo. In pochi secondi aveva disegnato sul terreno il Taiji sfruttando le due dimensioni che aveva a disposizione: pieno di terra e vuoto di terra. Poi riprese a parlare. - Rifletti! Grazie alla scelta cromatica del Taiji (bianco e nero) tu potrai sempre disegnare questo simbolo anche avendo un colore solo a disposizione creando un semplice contrasto di una parte piena e una vuota. Era la scelta più anonima da un punto di vista cromatico, ma allo stesso tempo quella più visibile e, soprattutto, quella che permetteva al simbolo di essere riprodotto nei modi più diversi. Invisibile-visibile è un altro dualismo sul quale ti farebbe bene meditare ma, prima di capire i dualismi, il loro significato e come utilizzarli, desidero che tu sia consapevole di un altro particolare dell’immagine. Secondo te, per quale motivo la linea interna di separazione è curva anziché diritta? Vedi? In tutto c’è una spiegazione profonda, in particolar modo nelle cose che durano da qualche migliaio di anni come i concetti Yin e Yang. Rifletti: se lo scopo fosse stato solo quello di parlare di bivalenza, di opposti e dualismi il cerchio avrebbe potuto esser diviso da uno degli infiniti diametri che si possono tracciare in una circonferenza. Ne consegue che l’intento di chi ha studiato questo simbolo era quello di voler trasmettere un altro concetto, un ulteriore messaggio di fondamentale importanza. Sinceramente non ci ho mai pensato, ho sempre visto il Taiji disegnato in quel modo e non ho riflettuto molto sulla sua origine e sul significato di ogni sua parte. Ho sempre guardato questo simbolo in modo un po’ distratto, ma, adesso che mi fai riflettere, capisco che mi sono accontentato di spiegazioni che, oltretutto, non erano nemmeno le mie, ma quelle che leggevo sui libri. Non mi sono mai fermato a riflettere su come era stato concepito e cosa in realtà voleva trasmettere; la curva all’interno non è una semplice linea di separazione, ma è servita a raggiungere un altro scopo: dare il senso del movimento. Giusto? Vedi? Basta allontanarti un po’ dai tuoi schemi comuni e riesci a cogliere risvolti decisivi su cose che hai sempre avuto sotto gli occhi. La curva esprime il movimento e, in senso più generale, il cambiamento che rappresenta una costante imprescindibile della nostra vita, una certezza assoluta. Ogni giorno, ogni momento cambiano cose, situazioni e persone; tentare di contrastare questa legge, aggrappandosi a quanto è già successo e bramando solo quanto deve ancora accadere ovvero tentando di ingannarla con falsi equilibri, non permette di cogliere l’essenza dinamica di tutte le cose e fa perdere di vista la strada da seguire per raggiungere i propri risultati. E’ utile osservare le cose come un divenire continuo, coscienti che prima erano qualcosa di diverso da ciò che sono oggi e da come si presenteranno domani. La consapevolezza del movimento e del mutamento è fondamentale per non rimpiangere il passato o bramare il futuro. Era necessario esprimere questi concetti e dare l’idea della complementarietà di Yin e Yang, per questo si è utilizzata una curva simmetrica come quella. Se avessimo avuto come diametro una linea retta, o se si fosse utilizzato una linea spezzata, si sarebbe rispettata la simmetria, ma avremmo perso l’idea del movimento. Con questa curva si rispetta l’effetto dinamico e si rappresenta un incastro perfetto che ci ricorda la complementarietà degli opposti Yin e Yang. Torneremo dopo su questi concetti, adesso vorrei che facessi un’ultima riflessione sulla figura. Non abbiamo ancora esaminato i cerchi di colore opposto nelle due metà e sé ciò che ho letto non è sbagliato, significa che ogni cosa contiene in sé il suo opposto…la cosiddetta interdipendenza o compartecipazione degli opposti! Giusta osservazione, ma dobbiamo approfondire l’argomento. Innanzitutto, sono sicuro che tu avrai visto sui libri una figura del Taiji leggermente diversa da come è stata pensata in origine e la differenza più grossa sta proprio nei due punti, o meglio, nella loro dimensione. Se osservi tutti i vecchi dipinti vedrai, che questi particolari puntini di colore opposto a quello in cui sono “immersi”, sono molto più piccoli di quanto siamo abituati a vederli in rappresentazioni più recenti. Come puoi vedere, anche nel mio disegno, li ho fatti di dimensioni molto piccole rispetto al resto della figura. Il vostro modo di ragionare, quello occidentale, volendo trovare per forza una spiegazione lineare a tutte le cose, rischia di interpretare ciò che non andrebbe interpretato e viceversa e, spesso, per bilanciare meglio graficamente il simbolo, i puntini sono stati ingranditi più del necessario, creando solo confusione. Il loro significato e la loro funzione è quella di ricordarci sempre che nulla può essere totalmente Yin come nulla può essere totalmente Yang proprio perché ogni parte comprende dentro di sé, anche se in piccolissima misura, un germe, una rappresentazione del proprio opposto. La ragione di ciò è legata ad un ragionamento molto profondo e importante che il Taiji doveva esprimere, ovvero: garantire la possibilità che ogni parte possa trasformarsi, prima o poi, in quella opposta al fine di raggiungere sempre un equilibrio successivo. Per fare tuo questo concetto, devi avere fede in un incessante mutamento delle cose. La fede nel cambiamento è così importante che non si riflette mai abbastanza su quanto sia determinante nella vita di tutti noi, nella nostra crescita personale. Come avrai capito, non mi riferisco esclusivamente alla fede religiosa ma alla fiducia in generale, nei confronti di ciò che ti accade, nel presente e nella sua evoluzione. - Fu un po’ come ricevere un pugno allo stomaco. Se c’era una cosa che mi aveva abbandonato negli ultimi anni, nonostante i successi ottenuti, era proprio la fiducia in me stesso, nel mio lavoro e, in alcuni casi, anche nei miei collaboratori. Riflettendo sulle cose che rendevano complicata la gestione delle mie aziende era la mancanza di fiducia nella possibilità che le cose potessero cambiare a complicare i rapporti professionali e i processi decisionali. Il fatto straordinario non era aver scoperto il danno generato dall’inerzia delle aziende e del management, ma che l’antico simbolo del Taiji, che avevo sempre avuto sotto gli occhi, racchiudesse in sé così tanti ragionamenti attuali e perfettamente applicabili alla realtà aziendale. Mi rendevo conto, una volta di più, che anch’io mi ero fermato per molto tempo solo per il fatto di aver pensato che tutto era oramai statico. In quel momento, in conseguenza a ciò, iniziai a pensare che essere arrivati fino a lì aveva avuto un senso, ne era sicuramente valsa la pena e non era finita perché il Maestro continuò nella sua dissertazione con una pacata determinazione che mi faceva intendere dovesse ancora dirmi molte cose importanti. - Infine è bene riflettere sull’utilizzo non di una forma spigolosa, ma di un cerchio per dare un senso di unità, così come bisogna considerare la perfetta simmetria degli elementi che compongono la figura. Il Taiji trasmette un equilibrio d’insieme che, forse, è la prima cosa che si percepisce, la prima che si dimentica e la più complessa da accettare. E sai perché? Perché è il risultato finale di un lungo e faticoso ragionamento basato sulle cose che ci siamo detti fino a questo momento e che comporta approfondimenti non scontati e non banali. Per questo, ti ribadisco, ripensa e riguarda la figura, scomponila in tutti i suoi elementi e poi cogline il messaggio d'insieme. Vedrai che ne avrai giovamento nella vita e nel lavoro. Maestro! La figura mi è sicuramente più chiara, ma come posso utilizzare le cose che mi hai detto sul lavoro? Sento che la tua filosofia può darmi aiuto, ma non riesco ancora a trovare il nesso, non capisco come sfruttare questi concetti. Sono così tante le cose sulle quali riflettere che non trovo il punto di partenza per iniziare questa corsa. Come ti ho detto non devi avere fretta e non devi pensare di arrivare alle conclusioni prima di aver compreso e smontato a pezzi il problema. Convinciti, dapprima, che il tuo viaggio sarà più interessante della meta e vedrai che apprenderai nel modo giusto. Sulla figura del Grande Culmine devi riflettere a lungo e osservare le cose che ti capitano e come le affronti secondo i concetti di cui abbiamo parlato: gli opposti, il dinamismo e il cambiamento, l’interdipendenza e l’equilibrio, l’unità. Solo quando avrai fatto tuoi questi elementi, capirai come interpretare quanto ti accade e creerai le premesse per cambiare e crescere. Tuttavia, per ottenere questo risultato dovrai superare delle difficoltà legate soprattutto al tuo atteggiamento nei confronti di ciò che è Yin e ciò che è Yang. Per esempio, l’ostacolo più grosso da affrontare sarà quello di comprendere che il dualismo è cosa ben diversa da quella che immagini, considerando la tua educazione basata su schemi del tipo: o bianco o nero, o vero o falso. Il tuo modo di pensare l’equilibrio, infatti, si fonda su contrapposizioni nette tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra il bello e il brutto, tra il bene e il male, e via dicendo, che costituiscono un freno notevole all’interpretazione della realtà. Se così fosse, sarebbe un po’ troppo semplicistico, non trovi? Come si può pensare che si risolva tutto in due opzioni? Eppure, abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni quanto la verità è complessa e articolata. Shu Zi! In qualche modo penso di averci già provato a ragionare come dici, ma mi è difficile pensare che le cose negative non siano completamente negative, e qui mi blocco. Ricorda il detto: “La Luna e la donna (elementi tipicamente Yin) hanno molte facce da mostrare!.” Credere che il negativo sia solo negativo e che esistano solo contrapposizioni bivalenti significa immaginare la realtà come fissa, statica e non mutevole. Il primo passo che devi compiere è abbandonare consapevolmente la tua visione bivalente per accettare la polivalenza ed entrare in un mondo che è fatto di sfumature e di cambiamenti continui. Ricorda sempre che bianco e nero sono due casi estremi, due situazioni limite che, in pratica, non si verificano mai nello stato puro perché contengono sempre una parte del loro opposto. Forse tu hai sempre vissuto – come tanti – nella ricerca della maggior precisione possibile, bramando di avere solo certezze e nessuna incertezza, senza renderti conto che questi sforzi hanno avuto l’unico effetto di portarti lontano dalla realtà che, di continuo, si mostra a noi sfumata, ramificata e in perenne mutamento. - Mentre il Maestro pronunciava quelle frasi iniziai a pensare a come mi ero comportato sul lavoro negli ultimi anni della mia carriera, immerso a fare statistiche, budget, analisi e scenari di mercato tentando di “spaccare” i numeri in un modo sempre più dettagliato alla ricerca di qualcosa che avvalorasse in modo perentorio e inequivocabile decisioni più o meno importanti. Ricordo che mi aumentarono le palpitazioni nel ripensare a tutti gli sforzi fatti o alle persone che avevo fatto faticare investendo ore lavoro e giorni/uomo per descrivere situazioni con precisione assoluta. Caddi in una sorta di trance quando concentrai l’attenzione sui parametri che avevo utilizzato per valutare i componenti dei miei staff: radiografie approfondite che avrebbero dovuto raccontarci le potenzialità di ogni singolo dipendente. Mi salì l’angoscia al pensiero che l’approccio super-scientifico, senza dubbio, mi aveva fatto deviare o stroncare delle carriere che, al contrario, avrebbero potuto essere proseguite con successo. Sorrisi, isterico, al pensiero che per svolgere analisi comparative della concorrenza, in mercati dove eravamo in quattro a competere, perdemmo, a volte, più di qualche mese per capire chi erano e cosa facevano i nostri migliori tre concorrenti. Allibii al pensiero di aver determinato i prezzi di prodotti o servizi attuando analisi scientifiche di comparazione fra i nostri prodotti e quelli delle altre marche presenti sul mercato, valutando ogni singola caratteristica secondo parametri inequivocabili e oggettivi. Ero colto da queste sensazioni perché, riflettendo a mente fredda, mi ricordavo che anche senza nessuna analisi, sapevamo benissimo ciò che avremmo dovuto fare, quali erano gli obiettivi raggiungibili con le forze che avevamo, chi assumere e fare crescere, quale sarebbe stato il prezzo corretto da applicare, ecc. Quelle ricerche spesso ci avevano fatto perdere del tempo non perché erano inutili, ma solo per il fatto che avevamo tentato di fondare le nostre decisioni solo su di esse senza cogliere la ricchezza di una realtà sfumata. Non so quanto durarono questi pensieri. Mi sembrò di vivere in trance: avevo immagini, flash e deja-vu… Se da una parte mi ero assentato dal contesto presente, dall’altro sentivo che stavo iniziando ad entrare in sintonia con quanto mi veniva spiegato. Shu Zi, subito, si accorse della mia “assenza” e, forse, intuì che stavo iniziando a fare qualche collegamento tra quanto mi aveva raccontato e quanto non volevo accettare del mio passato. Colse la palla al balzo, per affondare il colpo, facendomi alcuni esempi e indicandomi un modo per uscire da quella impasse. - Devi avere fiducia nei tuoi ragionamenti e per questo devi prenderti del tempo per abbandonare pre-giudizi e pre-concetti, poi potrai iniziare ad esercitarti partendo da situazioni semplici e un po’ più comprensibili per te. Prova a meditare sugli opposti e sulla loro compartecipazione, riflettendo sulle cose che vedi e che ti capitano ogni giorno. Il vero mistero, infatti, risiede nelle cose che vedi e che ti accadono e non nell’invisibile. Hai tutto sotto gli occhi: pensa al maschio e alla femmina, rifletti sul dualismo attivo e passivo, medita sulla contrapposizione dinamica tra bene e male, concentrati sul movimento e la quiete. Tieni fuori la morale dai tuoi ragionamenti, altrimenti non uscirai mai dalla bivalenza, non scorgerai mai la vera dinamica delle cose e le infinite gradazioni della realtà. Inizia da ciò che ti accade tutti i giorni, da ciò che vedi e da come ti senti. Parti da lì ed esercitati, come un atleta allena il suo corpo, tu dovrai allenare il tuo ragionamento. Esamina tutti i concetti che sono opposti nelle loro manifestazioni estreme, provando sempre a superare la contrapposizione o cercando un legame superiore che li unifica o considerando un polo come espressione di un qualcosa di spirituale e l’altro come qualcosa di umano. I dualismi che ti consiglio di affrontare per primi sono: complessità e semplicità, velocità e lentezza, grandezza e piccolezza, soggettività e oggettività, vuoto e pieno. Secondo te è possibile essere complessi grazie alla semplicità? Il pieno può farti percepire il vuoto? Esiste qualcosa tanto lento da essere veloce? E’ possibile diventare grandi restando piccoli? Riesci a dimenticare qualcosa grazie al fatto di ricordarla spesso? - Non sapevo cosa dire, ero come intontito e mi stavo concentrando sull’ultimo esempio. Mi batteva il cuore riflettendo sul fatto che le cose brutte capitatemi fino a quel momento le avevo trattate tutte allo stesso modo: cercando di dimenticarle avevo ottenuto il risultato opposto, trascinandole con me per anni. Shu Zi: aveva ragione per dimenticarti una cosa devi pensarci sempre, se vuoi essere veloce devi cambiare un poco tutti i giorni, se vuoi spiegare qualcosa di complesso non hai altra strada da percorrere che quella della semplicità. Iniziavo a riflettere su questi pensieri sentendomi perso in loro, quando il Maestro rincominciò. - Rifletti e vedrai che la risposta ad ognuna di queste domande sarà sorprendente per te e troverai moltissime applicazioni nella realtà. Questi ragionamenti richiedono la tua applicazione, ma vedrai che quando inizierai a scorgere e identificare i dualismi per quello che sono, capirai che gran parte dei problemi sono autogenerati dalla visione bivalente e dall’incapacità di cogliere e di accettare un mondo fatto di sfumature e interdipendenze. La scienza, la tua scienza, ragiona con il bianco e con il nero mentre la realtà dice che bianco e nero sono due casi estremi, due situazioni limite. Amplia il tuo modo di pensare e vedrai che bianco e nero non sono poi così diversi, utilizza i paradossi per scorgere l’unità. Sono certo che, oggi, di fronte a due concetti in contrapposizione ti blocchi, o perché cadi nel paradosso vero e proprio, o perché immagini la contraddizione come un qualcosa di statico. Nel primo caso prendi i due termini opposti e li consideri nello stesso momento, è ovvio che la conseguenza sarà un blocco: questo è il paradosso. Nel secondo caso valuti i due termini in sequenza, ma ne scorgi solo il contrasto: questo è la cosiddetta contraddizione. Per superare tali ostacoli dovrai entrare nel campo del confronto dinamico degli opposti che ti permetterà di superare il concetto di bivalenza. Solo la dialettica del confronto ti permette di indagare liberamente tutti i livelli di lettura del Taiji consentendoti di comprendere e gestire la dinamicità e il movimento per individuare equilibri che si susseguono. Se capirai a fondo i concetti di Yin e Yang, vedrai che riuscirai ad accettere la tua precedente educazione come un passaggio fondamentale per il raggiungimento di un equilibrio successivo, acquisirai una fiducia crescente, comprenderai il flusso delle cose, ti troverai in armonia con ciò che ti circonda e realizzerai i tuoi obiettivi. - Howard interruppe bruscamente il racconto dei suoi dialoghi con il Maestro e, con un fare da vecchio professore entusiasta, iniziò la sua prima dissertazione sull’applicazione dello Yin Yang Marketing. - Aveva ragione il Maestro quando mi parlava di cambiamento e apprendimento. Quando mi recai da lui ero davvero disposto a cambiare, per questo appresi. La prima volta che lo incontrai fu devastante per me. Quei primi colloqui e molti momenti di meditazione miei personali sia di quel periodo che di momenti successivi, mi permisero di iniziare a sperimentare una nuova visione delle cose e, soprattutto, del mio lavoro. Sono tornato da lui diverse volte nel corso degli ultimi anni per approfondire le mie conoscenze e per crescere come persona, ma non voglio tediarti con la mia crescita interiore, dobbiamo parlare di marketing! - Finalmente! Pensai. - Bene, la cosa straordinaria è che tanto più capivo e sentivo miei i principi Yin Yang, tanto più li mettevo alla prova nelle cose della vita e vedevo che reggevano nella pratica di tutti i giorni, tanto più mi veniva voglia di sperimentare questo approccio al mio modo di fare marketing. Le prime volte che ho rilevato delle combinazioni e delle coincidenze tra le regole teoriche e pratiche del Marketing e la logica Yin Yang sono rimasto letteralmente stupito. Più andavo avanti nelle analogie e più mi veniva voglia di applicare tutto nella pratica. Così ho proceduto per gradi nel verificare prima gli aspetti generali e poi casi sempre più specifici per capire quanto il ragionamento fosse utile anche in ambito commerciale. Cominciai, quindi, a riflettere osservando un’azienda dall’esterno scoprendo che per farlo si possono utilizzare gli stessi livelli di “lettura” suggeriti dal Maestro osservando la figura del Taiji: gli opposti, il dinamismo e il cambiamento, l’interdipendenza e l’equilibrio, l’unità. Puoi individuare con facilità molti dualismi a livello organizzativo (processi-persone), sia sul piano strategico (competere-collaborare), sia, infine, in ambito operativo del marketing (conquista-fidelizzazione, prezzo-qualità, prodotto-servizio). Come diceva il Shu Zi, il nostro atteggiamento occidentale fa sì che queste polarità diventino quasi sempre antagonismi, cosicché noi non riusciamo a cogliere spunti di crescita e di miglioramento. I processi aziendali annullano le persone, le persone si ribellano alle organizzazioni, i reparti commerciali “odiano” quelli amministrativi, chi si occupa di sviluppo-prodotto mal sopporta la funzione del marketing, aziende che conquistano tanti nuovi clienti non sono capaci di fidelizzarli, la ricerca di prezzi bassi riduce vistosamente la qualità e i margini aziendali, eccetera. Questi contrasti esistono in moltissime aziende e dobbiamo renderci conto, una volta per tutte, che il tentativo di eliminarli è solo il risultato di un ragionamento ordinario, parziale e miope. Oltrepassando i limiti della nostra cultura, invece, è possibile interpretare tutti i dualismi sul modello Yin Yang e, riflettendo ancora un po’ più a fondo, sarà possibile scorgere la loro dialettica e la loro unità. Se ti sforzi un pochino vedrai che anche le aziende sono fatte di parti Yin e parti Yang. La convivenza degli opposti non è “pacifica” ma non deve essere necessariamente distruttiva. Anche nei dualismi aziendali, ogni polarità contiene e dà spazio al suo opposto in un processo che, se gestito con metodo, diventa incessantemente dinamico e proattivo. Se si riescono a comprendere queste cose, si è già sulla buona strada per garantire un controllo perché, come puoi ben immaginare, in presenza di un eccesso di Yin (capacità, settori, conoscenze associabili alla parte Yin), ti troverai in presenza di un’azienda molto organizzata ma indolente e passiva sul mercato e, per riequilibrarla, sarà necessario accumulare/sviluppare le sue parti Yang. Viceversa la presenza di un eccesso di capacità, settori, conoscenze associabili alla parte Yang darà vita ad un’azienda molto attiva e propositiva nel confronto competitivo, ma con grosse pecche organizzative o contrasti interni e, pertanto, per riequilibrarla, sarà necessario accumulare/sviluppare le sue parti Yin. Le aziende non possono sfuggire alla dialettica degli opposti, al contrario devono valutare la qualità e la quantità del confronto tra gli elementi Yin e Yang per avere un’idea obiettiva di come funzionano, di cosa ci sarebbe più bisogno per migliorare e garantirsi un futuro redditizio. Se il confronto è tanto, ma di scarsa qualità, l’azienda sarà caratterizzata da conflitti sterili e disorganizzazione. Se il confronto è di qualità, ma è limitato, troverai un’azienda potenzialmente performante, ma incapace di cogliere le opportunità che offre il mercato. Comprendere la condizione di equilibrio (quanto Yin e quanto Yang), assicurare la qualità degli opposti (qualità di Yin e qualità nel polo Yang), favorire e garantire la qualità del confronto (tra Yin e Yang), questo è il mestiere che ti devi abituare a praticare se vuoi attuare un marketing efficace. - In quel momento pensai che, finalmente, forse avrei potuto iniziare a dare un senso all’incontro di quel giorno anche se continuavo a dubitare sulla stabilità mentale del mio compagno di viaggio. Le sue ultime considerazioni sulle dinamiche aziendali mi colpirono moltissimo, forse perché Howard aveva iniziato a parlarmi di argomenti che in qualche modo conoscevo, forse iniziavo ad intuire che c’era qualcosa di profondamente vero in ciò che diceva, soprattutto per l’originalità dell’approccio. –