Un giorno il re di un villaggio, raggiungibile solo attraverso una strada di campagna, pose un macigno ingombrate sulla via d’accesso al regno. Un sasso così grande da rendere difficile il passaggio dei carri ma non da impedirlo del tutto. Nobili, mercanti e viandanti che quel giorno passarono per la strada per recarsi al villaggio o per allontanarsi da esso dopo averlo visitato scansavano l’ostacolo con manovre alle volte pericolose. Tutti accusarono il re per i disagi patiti e i pericoli affrontati e per aver trascurato la strada di accesso al paese senza aver prontamente rimosso quel sasso. Giunse di fronte al macigno, verso sera, un contadino con il suo carico. Poteva passare abbastanza agevolmente perché il suo carro era piccolo, ma pensando che sarebbe stato meglio sia per lui sia per coloro che avrebbero avuto maggiori difficoltà decise di spostare il grande sasso. Dopo grandi fatiche e molti sforzi riuscì nel suo intento. Oramai era quasi buio. Appena si rimise in viaggio si accorse che in mezzo alla strada c’era ancora qualcosa, sembrava un sacco. Avvicinatosi scoprì una borsa che conteneva molte monete d’oro e un biglietto del Re che ringraziava colui che aveva dato un vero servizio al regno.
Viviamo, o meglio, sopravviviamo condizionati da convinzioni sbagliate ma molto bene radicate. Ci costruiamo da soli i macigni che si interpongono tra noi e la nostra autorealizzazione quasi a voler ostacolare noi stessi per avere alibi sufficienti a giustificare i nostri insuccessi. Quando costruiamo alibi, scuse e autocommiserazioni ci comportiamo come i personaggi della storia che hanno aggirato il macigno. Rompere gli ostacoli passa anche per l’utilizzo di strategie contro-intuitive ovvero che sovvertono il “comune” e comodo modo di pensare. Alcuni esempi sono: il convincersi che l’immaginazione è più potente della volontà, rivalutare emozioni che abbiamo evitato solo per il fatto che non fossero piacevoli da provare, riconoscere la superiorità dell’interpretazione perché è il significato che attribuiamo ai fatti fa la differenza e determina ciò che sentiamo e proviamo, limitare il giudizio perché il non giudicare rappresenta la miglior manifestazione di flessibilità intellettuale ed emotiva, ribadire a gran voce il nostro grazie a chi ci ha aiutato (anche in silenzio) perché la gratitudine costituisce un bene prezioso per chi la riceve ma anche, e soprattutto, per chi la dona. Sembra che la vita ci ponga di fronte ad una sfida del paradosso e con il paradosso in cui dobbiamo provare a fare il contrario di ciò che ci verrebbe spontaneo fare, altrimenti saremo sempre vittime del nostro inconscio e dei nostri alibi. Prova a pensare il contrario di ciò che stai pensando e se non riesci a darti torto completamente significa che non avevi nemmeno totalmente ragione prima. Prova a trovare qualcosa di utile in ciò che non ti piace o ti fa letteralmente schifo o incazzare solo perché non vorresti che accadesse ma inevitabilmente accade. Prova ad essere prima di diventare, essere l’effetto di un cambiamento prima di pensare a tutte le possibili cause: inverti l’andamento del tempo. Fingi di non aver paura quando sei terrorizzato, fingi perché la paura è il principale ostacolo tra te e la tua autenticità.
Queste sono le vere sfide che ci pone la vita. Fare, alle volte, il contrario di ciò che pensiamo, facendo fatica sfidando convenzioni e luoghi comuni magari messi li apposta da qualcuno o qualcosa per farci capire che se riusciamo spostare quei macigni potremo trovare i nostri tesori…
"Come il nocciolo del frutto deve rompersi perché il suo cuore possa esporsi al sole così voi dovete conoscere il dolore. Se sapeste tenere il vostro cuore meravigliato di fronte ai quotidiani miracoli della vita, il dolore vi apparirebbe non meno mirabile della gioia.
E accogliereste le stagioni del vostro cuore così come avete sempre accolto le stagioni che si susseguono sui vostri campi …vegliereste sereni durante il vostro dolore." (Khail Gibran)